Il neurochirurgo: «Si accede dal naso o dall’orbita per rimuovere la massa o per analizzarla». Pochi casi documentati nella letteratura scientifica, a Gravedona eseguiti 3 interventi negli ultimi mesi.
All’ospedale Moriggia Pelascini sono stati realizzati tre interventi utilizzando la tecnica endoscopica transnasale/transorbitaria per rimuovere tumori situati dietro l’occhio, senza necessità di aprire il cranio. Questi interventi, condotti nei mesi scorsi, rappresentano un’importante innovazione nella chirurgia mininvasiva della base del cranio.
Cesare Zoia, Direttore della Neurochirurgia, insieme ai suoi collaboratori Elisabetta Peppucci, Andrea Montalbetti e Giorgia Piras, ha eseguito questi interventi. «Questa tecnica innovativa è un’alternativa alla chirurgia transcranica tradizionale. – spiega Zoia – Invece di aprire la testa, un’operazione che solitamente dura fra le tre e le quattro ore, abbiamo scelto un metodo meno invasivo che riduce i tempi dell’intervento e permette un recupero rapido, con i pazienti dimessi in pochi giorni. Altrimenti, sarebbero stati necessari almeno 10 giorni di degenza ospedaliera».
Secondo l’ospedale, questa tecnica riduce i rischi di infezione e complicanze, garantendo anche risultati estetici migliori. «Grazie a questo metodo – prosegue Zoia – i pazienti, se tutto procede bene, sono in grado di alzarsi già dal giorno successivo all’intervento, provano meno dolore e ritornano rapidamente alla loro quotidianità». Sebbene le lesioni dell’orbita siano rare, questa tecnica può essere usata anche per le biopsie e per rimuovere patologie intracerebrali situate dietro la cavità orbitaria. Zoia aggiunge: «Utilizzando questa tecnica l’estate scorsa abbiamo operato con successo una giovane donna, che si era rivolta a noi per crisi epilettiche condizionate da una lesione situata nel lobo temporale».
L’accesso al tumore avviene tramite il naso o una piccola incisione a livello della palpebra, utilizzando il neuronavigatore e l’endoscopio per una visualizzazione ottimale durante l’intervento. «Questo dimostra quanto sia importante puntare su innovazione e tecnologia – sottolinea Zoia – e come si possa mettere al centro il paziente, permettendogli di guarire da un tumore». La dottoressa Peppucci conclude: «Siamo riusciti a eseguire questi interventi grazie ad anni di studio, ricerca e formazione specifica in anatomia chirurgica».